Wine Experience: Azienda agricola Col di Lamo
 (Montalcino) 




Nel 2017 ho svolto il tirocinio  presso l’azienda agricola Col di Lamo di Giovanna Neri, la quale si estende nel territorio di Montalcino , in una zona collinare dal paesaggio unico al mondo,questa zona toscana ha la vocazione a produrre vini di grande qualità date le sue caratteristiche ed è conosciuta da oltre due mila anni; la forma inoltre di allevamento più diffusa in vigna è il cordone speronato ( utilizzato anche nell’azienda dove ho svolto il tirocinio), ottenuto da potatura corta ( a due gemme). 
L’azienda Col di Lamo si estende in questo territorio avendo come superficie vitata una quantità di 7,5 ettari coltivati a Brunello e Rosso di Montalcino, suddividendo questa superficie in diverse zone: avendo lo sguardo di fronte alla cantina, sulla destra si può vedere la zona denominata “Colombaio”, collocata separatamente dalle altre, la quale ha una superficie di circa 2 ettari, delimitata da ulivi, da questa vigna  viene prodotto il Rosso di Montalcino.Alle spalle della cantina, come quasi a simboleggiare un anfiteatro troviamo la restante superficie, divisa a sua volta in 3 zone: centralmente troviamo la porzione chiamata “Diletta”( chiamato così come la figlia della proprietaria )essa si estende per 2 ettari vitati a Brunello, i vigneti vengono zappati 2 volte all’anno ed i trattamenti si limitano all’uso di zolfo e rame. A  destra troviamo la zona denominata “Podere” che si divide a sua volta  in Podere basso e Podere alto, sempre coltivata a Brunello e sulla sinistra troviamo la zona chiamata “ Lamo”. Queste zone sono caratterizzate tutte dal vitigno Sangiovese, ad esclusione di una piccola parte coltivata a Cabernet Sauvignon.  
Tutte le vigne vengono coltivate con metodi naturali ispirati alla tradizione, utilizzando concimazioni organiche e praticando sovesci. Queste zone presentano diverse caratteristiche tra di loro, e questo costituisce la base per la diversa produzione tra i vini prodotti dall’azienda. 
I vigneti dell’azienda sono posti in zone collinari ad un altitudine che varia tra i 250 e i 300 m sul livello del mare, inoltre i terreni sono di medio impasto con presenza di scheletro e percentuali variabili di argilla.
La cantina è di recente realizzazione, è stata creata nel 2015, prima la proprietaria, Giovanna Neri vinificava in un ambiente molto più umile e “spartano”, in un paesino vicino all’attuale cantina, a Torrenieri, spostandosi di volta in volta dai campi ( quelli attuali) alla “ vecchia cantina”, cercando di realizzare il suo Brunello nel migliore dei modi, anche in contesti diversi da quelli attuali. La nuova cantina è il frutto di un grande lavoro e successo, essa rappresenta un progetto innovativo, che si allontana dalle cantine tradizionali. Al suo interno i vari ambienti sono disposti in modo da essere in perfetta coerenza con le fasi della produzione del vino, si inizia dalla zona dove sono disposti i tini d’acciaio e di cemento dove avviene la prima fase della vinificazione, ossia la fermentazione. L’azienda dispone di 4 tini di cemento e gli altri sono d’acciaio. La scelta dei tini di cemento              ( considerati superati per un certo senso) sta nel fatto che rappresentano un compromesso tra il legno e l’acciaio, i quali conferiscono caratteristiche più nette rispetto al cemento. Seguendo il percorso si arriva alla barricaia, uno spazio ampio nella quale la temperatura viene controllata, dove avviene l’invecchiamneto dei vini. 
Qua troviamo barrique e tonneau ( botti di rovere con capacità di 500 litri) di varie capacità.
Successivamente si arriva alla zona dedicata all’affinamento in bottiglia, e per finire alla zona dell’imbottigliamento e etichettatura del vino, affiancata dal magazzino, dove si trovano le bottiglie pronte per la vendita organizzate in cartoni divise per annata e tipologia di vino.  
La cantina dispone di due sale da degustazione, quella al piano superiore vanta di una splendida vetrata che da direttamente sulle vigne e uscendo dalla sala degustazione si arriva a una grande terrazza che da sui campi, dove l’azienda organizza i suoi eventi all’aperto. 
Il colore che domina è l’arancione, lo si può vedere sia in cantina che nelle etichette delle bottiglie, la scelta di questo colore sta nel fatto che secondo Giovanna Neri esso trasmetta positività e ottimismo, è un colore brillante che ben riflette la personalità della proprietaria. Insieme all’arancio si può notare il colore verde, simboli di un connubio tra l’arancio delle albe e dei tramonti e il  verde delle colline toscane. 
L’azienda inoltre è un tipo di azienda biologica, le lavorazioni vengono effettuate nel rispetto della natura, si crede nelle potenzialità della vigna senza l’utilizzo della chimica, evitando forzature come antiparassitari, e inoltre non vengono utilizzati lieviti selezionati aggiunti durante la fermentazione, l’azienda infatti crea il suo lievito per far partire le fermentazioni attraverso un pied de cuve con le sue uve: pochi giorni prima della raccolta si raccoglie dell’uva e viene posta in una mastella per creare questo starter della fermentazione. L’uva del nostro pied de cuve viene ammostata e i lieviti indigeni inizieranno la fermentazione.
L’azienda produce 3 tipologie di vino: il Brunello di Montalcino, il Rosso di Montalcino e il Lamo; produce inoltre l’Acquavite, ma essa non viene prodotta direttamente dall’azienda ma la distillazione avviene in apposita distilleria. 
Il Brunello di Montalcino è il vino di maggior rilevanza dell’azienda, è un prodotto DOCG, e per la sua realizzazione si adottano misure specifiche per garantirne la massima qualità: si ha la selezione manuale dei grappoli, una volta avvenuta la fermentazione senza lieviti selezionati e quella malolattica si passa all’invecchiamento in  tonneau e botti di legno per un periodo minimo di due anni, l’invecchiamento poi prosegue in vasche d’acciaio fino all’imbottigliamento, seguito da almeno 6 mesi di affinamento in bottiglia. 
Il Rosso di Montalcino è un vino DOC ,è un vino più giovane, la sua vinificazione è caratterizzata da una lunga macerazione, e un invecchiamento in legno in botti di rovere Slavonia. Il Lamo è un vino  IGT che non presenta il monovitigno Sangiovese come gli altri, ma presenta inoltre l’uvaggio Cabernet Sauvignon, il suo invecchiamento avviene in piccoli fusti di rovere francese da 225 litri di secondo passaggio per 12 mesi seguendo l’affinamento in bottiglia di 4 mesi. L’acquavite Col di Lamo è prodotta da vinaccia invecchiata all’uva di Sangiovese Grosso, la capacità è di bottiglie da 50 cl, presenta una gradazione di 40% Vol, e la distillazione avviene in modo discontinuo a bagnomaria e caldaiette a corrente di vapore, si utilizzano barrique di rovere Limousine e ciliegio nostrano. Un aspetto che merita attenzione è il simbolo di questa azienda, che è presente inoltre nell’etichetta delle sue bottiglie, è un profilo di donna, che sta a testimoniare il tocco femminile, quello che la proprietaria Giovanna Neri ha sempre voluto far vedere, il simbolo di un nuovo modo di fare vino, un azienda al femminile, nata dal sacrificio e dal duro lavoro di una donna che insieme a sua figlia Diletta ha potuto vedere il coronamento di un suo sogno. La sveglia suonava presto la mattina, alle 6 io e la mia collega Giorgia eravamo già in piedi e dopo un’ energica colazione ci si dirigeva in cantina. Il nostro tutor era il cantiniere di origine polacca di nome Jarek, chiamato “ l’omone” ( vista la sua stazza) che ci ha seguito durante l’intera esperienza di tirocinio. Jarek è il tuttofare dell’azienda, si occupa di ogni mansione, dalla cantina, al campo, essendo disponibile e abile a 360 gradi. Nelle prime settimane abbiamo vendemmiato, Jarek ci caricava nel cassone suo trattore e salivamo i campi, passando tra i filari, e li è iniziato il “duro lavoro”. La nostra mansione era caricare le cassette di uva sul trattore ( cassette riempite di uva precedentemente tagliata da una squadra che ce le faceva trovare pronte all’interno dei filari) e una volta caricate, si impilavano in modo da creare maggior spazio e caricarne in quantità maggiori. Una volta che il cassone si riempiva ci si dirigeva verso la cantina dove una di noi scaricava, ovviamente con l’aiuto di Jarek ( visto il peso delle cassette) le cassette nella diraspatrice e l’altra si occupava di sistemare i raspi che fuoriuscivano da essa. Il processo di diraspatura inizia con l’introduzione dell’uva nella vasca superiore che grazie a un sistema elicoidale viene portata verso il passaggio di pigiatura, il mosto che ne risulta viene trasferito in un altra camera dove grazie a un sistema a pale gli acini vengono separati dai raspi.Dalla diraspatrice attraverso un sistema di pompaggio, il mosto passando attraverso tubi arriva alle vasca dove verrà convogliato seguendo poi fermentazione. Noi talvolta durante questo processo inserivamo nella diraspatrice del mosto proveniente dal pied de cuve. Questo è ciò che abbiamo svolto i primi giorni, ma a man mano che i tini di acciaio si riempivano necessitavano di ulteriori lavori; abbiamo così imparato a fare i rimontaggi. Il rimontaggio consiste nel pompaggio di mosto liquido da una valvola posta nella parte inferiore della vasca che viene poi irrorato dall’alto sul “cappello”. 
I rimontaggi vengono fatti utilizzando una moderna pompa di nome “ Francesca” e permettono una buona areazione del mosto nei serbatoi, apportando inoltre numerosi vantaggi per il prodotto finale. Ad ogni rimontaggio, che veniva svolto ogni mattina e ogni sera per 15 minuti quando i serbatoi erano colmi, seguiva la misurazione tramite densimetro dei valori Babo e della temperatura del mosto, che venivano annotati periodicamente. 
Questo permette  di misurare il contenuto zuccherino del mosto e da questo valore si potrà determinare in futuro grado alcolico del vino; man mano i valori Babo diminuiscono, fino ad arrivare allo 0, valore che sta a significare che il nostro futuro vino è pronto per poter poi procedere con la svinatura, avendo terminato la fermentazione alcolica.
In ordine di riempimento delle vasche abbiamo eseguito i rimontaggi, che venivano svolti sia al chiuso, ossia non facendo fuoriuscire il mosto dal serbatoio, sia all’aperto, dove invece il mosto fuoriusciva e una volta raccolto in un contenitore, veniva riportato attraverso un sistema di pompaggio nel serbatoio.
Ulteriore mansione da noi eseguita è la tecnica del delastage, dove occorre spostare tutto il mosto in fermentazione abbassando il cappello di vinaccia, per ributtarlo subito dopo nella vasca, le parti solide risalgono con il massimo di contatto liquido – solido, si esegue per estrarre i composti desiderati e bisogna far attenzione a non disintegrare troppo le vinacce.Oltre a svolgere queste mansioni, abbiamo imparato a riempire i colmatori( con acqua e vino) strutture poste in cima alle botti e ai tini, le quali ci danno informazione sul livello del vino presente in essi. 
Inoltre abbiamo seguito la proprietaria nelle sue degustazioni, abbiamo imparato come si apparecchia una tavola da degustazione e come si presenta un vino elencando le sue caratteristiche, imparando la parte dedicata all’analisi sensoriale.
La proprietaria, Giovanna, ci ha inoltre mostrato la parte burocratica di questo lavoro, ci ha fatto vedere come si tengono i registri di cantina, come si preparano le fatture e i documenti di trasporto, illustrandoci la parte amministrativa del mondo del vino. 
Quando il mosto aveva raggiunto i giusti valori di concentrazione zuccherina, ossia che il valore Babo era arrivato a zero, abbiamo svinato. La svinatura è un’operazione che consiste nella separazione del vino dalle vinacce, se la vinificazione si è svolta in presenza delle parti solide del grappolo, come in questo caso. Una volta terminata la macerazione, viene aperto il tino dalla valvola inferiore estraendo così il vino pulito e privo di bucce che si depositano sul fondo del tino, e viene messo in un tino pulito.
Armati di forcone si estrae fino all’ultima buccia, che poi passiamo nella pressa pneumatica per estrarre il succo rimasto. Il torchiato estratto viene messo in un tino della a decantare e far così depositare i residui più grossolani delle bucce. Questo viene svolto per ogni vasca. Da sottolineare inoltre che ogni macchinario utilizzato, volta volta, viene lavato accuratamente con acqua e metabisolfito di potassio per disinfettare. 
Ulteriore mansione svolta, finita la vendemmia è il lavaggio delle cassette, quindi armate di pazienza e volontà abbiamo lavato ogni singola cassetta dove era contenuta l’uva appena colta,  fino a farla divenire nuova e pronta per la vendemmia successiva.
Oltre a ogni lavoro manuale svolto, abbiamo avuto il piacere di conoscere l’agronoma dell’azienda, una donna giovane e molto disponibile con la quale  abbiamo scambiato opinioni, la quale ci ha fornito qualche nozione importante per i nostri studi. 
Altra persona degna di nota, è l’enologo dell’azienda, il quale veniva periodicamente a assaggiare il nuovo e futuro vino, dando preziosi consigli a noi, al cantiniere e Giovanna. 
Abbiamo inoltre avuto il piacere di assistere all’imbottigliamento del Brunello 2013 e del Rosso di Montalcino del 2015 e all’etichettatura delle bottiglie dell’azienda, impacchettando il vino e collocandolo in magazzino. 
Uno degli ultimi giorni, una volta finita la vendemmia dell’azienda, siamo andati a vendemmiare una porzione di terreno, un ettaro, a Montalcino; terreno sempre di proprietà dell’azienda, dove erano visibili diverse tipologie di uve, sia di uva bianca che uva rossa, questa uva poi è stata collocata in un serbatoio a parte e verrà prodotto da questa il vino che consumerà l’azienda per uso personale.
Durante questa esperienza abbiamo alloggiato in un appartamento a pochi passi dalla cantina, questo ci ha permesso di immergerci ancora di più in questa esperienza e di poter aver avuto uno stretto contatto con il personale dell’azienda. Infatti abbiamo avuto la fortuna di conoscere più a fondo la proprietaria, il cantiniere, la figlia della proprietaria e un altro ragazzo tirocinante ( di un altra azienda della zona, che però abitava nel nostro solito podere), cenavamo tutte le sere insieme con la compagnia di un buon calice di Brunello, che non mancava mai. 
Nelle giornate di pioggia inoltre, o quando  avevo del tempo libero il cantiniere Jarek ci ha portato a visitare i bellissimi paesi vicini: siamo andati a Montalcino, San Quirico d’Orcia, Bagno Vignoni e Montepulciano. 
Un aspetto che voglio sottolineare, il quale mi ha colpito e ha fatto si che questa esperienza sia stata estremamente positiva e piacevole è il tipo di rapporto instaurato con il personale dell’azienda, dalla titolare al cantiere e con tutte le persone che ho avuto il piacere di conoscere. Ci hanno fatto sentire come se fossimo  casa, una sorta di piccola famiglia, tutte le sere condividevamo una buona bottiglia di vino, cucinavamo per tutti e non mancavano le risate, i dibattiti e i racconti di ognuno di noi. La titolare ci ha coinvolto in ogni sua attività, ci ha reso partecipi di cene organizzate in cantina, che ci hanno permesso di conoscere persone anche di un certa notorietà, amici della proprietaria, e ci ha portato inoltre ad assistere a una mostra di un artista contemporaneo pisano a Montalcino, dove i suoi vini erano protagonisti. In questo modo anche la fatica trascorsa durante la giornata, non si faceva sentire, perché la gentilezza, la disponibilità e la solarità della proprietaria e delle persone che lavorano per lei ci rallegrava e stimolava a dare sempre il meglio.
Per questo ringrazio molto le persone conosciute, mi hanno fatto vivere questa esperienza nel migliore dei modi, fino al punto che il momento dell’ “ addio” si è trasformato in un “ arrivederci” perché sicuramente rimarremmo in contatto con l’azienda e certamente andrò a ritrovarli.
Questa esperienza mi ha fatto crescere, sia interiormente, perché è stata la prima volta che per un periodo così lungo di tempo mi ritrovavo fuori casa, lontana dagli affetti e dalla mia quotidianità, responsabilizzandomi ma anche culturalmente, il mio bagaglio di conoscenze si è ampliato facendomi sentire molto più sicura e anche orgogliosa e motivata a continuare il percorso universitario scelto. 
Anche solamente sedersi a tavola, e parlare con persone che lavorano nell’ambito al  quale tu aspiri, quello enologico, scambiarsi opinioni, riflessioni ti fa crescere e ti entusiasma, facendoti sentire nel “posto giusto”, è un aspetto che mai avevo provato, e il fatto di sentirti chiamare “ enologhina “ ti da una gioia e una carica unica. 
Il tirocinio è un’attività molto importante, che consiglierei a tutti coloro che vogliono davvero diventare un enologo o un viticoltore, apprendi molte nozioni in maniera molto più diretta rispetto a come le puoi apprendere sui libri e toccare con mano il vero lavoro è quel qualcosa che ti arricchisce e che ti permette di affrontare il percorso universitario molto più sicuro e avvantaggiato. 
Sono fiera di aver fatto questa esperienza e mi reputo fortunata di aver trovato un azienda come questa, un’azienda fatta da persone semplici e genuine, che mi hanno fatto imparare molto aggiungendo alla accezione lavoro legata la tirocinio anche la parola divertimento e stare bene.


Mai dimenticherò le parole di Giovanna, e anche la sua storia, che diventeranno per me una sorta di monito per la vita, il fatto che bisogna lottare e stringere i denti per poter andare avanti, per combattere gli ostacoli che ci si presentano davanti e che non bisogna mai mollare, che se abbiamo la giusta determinazione e grinta arriveremo alle nostre mete, e ringrazio Giovanna per farmi credere nel suo slogan, in quella targa posta fuori dalla sua cantina:

“ Fai della tua vita un sogno, e di un sogno, la realtà”.                                                                

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